La Basilica di San Marco

Una leggenda riconosce l’architetto della Basilica di San Marco nell’iracondo vecchietto appoggiato a due grucce, effigiato in una delle cornici dell’arcone centrale della facciata nell’atto di mordersi di rabbia le dita.
La basilica d’oro, come viene chiamata – non è retorica, per l’abbondanza del metallo sacro ai mercanti, e perciò ai Veneziani, in ogni parte della decorazione della basilica – nacque dal volere del duca Giustiniano, del suo successore Giovanni e del popolo veneziano, non appena sbarcate le reliquie dell’Evangelista.
"Nell’anno 972, una ribellione popolare distruggeva col fuoco, assieme al duca Pietro Candiano IV e ai suoi figli, la basilica.
La basilica che ammiriamo attualmente risale in gran parte all’iniziativa del doge Domenico Contarini (1043-1070).
A farla quale la vediamo, hanno concorso, però, generazioni innumerevoli di procuratori di San Marco (i magistrati ai quali spettava il governo della basilica) e di "proti", cioè architetti e direttori dei lavori.
I mosaici di San Marco, ai quali avevano posto mano i migliori artefici veneto-bizantini, vedranno all’opera, nel tempo, i maestri più celebrati, da Paolo Uccello ad Andrea del Castagno, a Tiziano.
In un momento di particolare splendore, il doge Ordelafo Falier porrà in opera la preziosa pala d’oro, dove santi e sante del firmamento veneto-greco spiccheranno tra le pietre preziose nella policromia degli smalti preparati a Costantinopoli.
Il tesoro, arricchito dalle spoglie del saccheggio di Bisanzio a opera dei Crociati di Enrico Dandolo, diventerà addirittura leggendario.
Non per nulla la Repubblica darà al greco Stamati Crassioti, che era riuscito a far man bassa sul tesoro, il privilegio di essere impiccato con un laccio d’oro.
E sulla facciata della chiesa si schiererà la quadriga bronzea che decorava un tempo l’ippodromo di Bisanzio: quella che i Genovesi avevano giurato di imbrigliare, se non fossero stati disfatti davanti a Chioggia ".
 

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